è possibilie sfruttare Il digitale per costruire un’economia solida? cosa serve per un cambiamento strutturale? Il Rapporto Annuale 2021 dell’Istat fornisce ottimi spunti di riflessione per le politiche pubbliche del futuro prossimo e indica il PNRR come pacchetto su cui impostare un percorso fatto di produttività, ricerca e investimenti. Ma il cambiamento deve coinvolgere tutti i settori e le procedure. Vediamo come.
La Situazione del Paese elaborato dall’Istat offre diversi spunti di riflessione in merito all’attuale situazione della digitalizzazione e dell’innovazione tecnologica nel nostro paese. Vengono individuati alcuni dei fattori che frenano la crescita della produttività e della competitività, tra cui proprio il gap che le nostre aziende scontano in termini di digitalizzazione dei processi.
le Tendenze emergenti
Quali sono le tendenze emergenti?
La misurazione della digitalizzazione da parte dell’Istat passa principalmente attraverso tre parametri:
- i livelli di formazione ICT all’interno delle aziende;
- la diffusione delle principali tecnologie;
- l’utilizzo del e-commerce.
Il digitale per costruire un’economia solida: cosa serve per un cambiamento strutturale Competenze digitale e formazione
Per quanto riguarda i livelli di formazione ICT, si conferma quanto il DESI (L’indice dell’economia e della società digitale, che monitora la performance e i progressi in ambito digitale dell’Europa) continua a illustrare da tempo.
Le competenze digitali non sono il punto di forza del tessuto produttivo italiano. Su questo aspetto gli effetti dei diversi piani strategici non sembrano ancora essersi manifestati nella misura prevista.
Tuttavia, durante il lockdown è sorto un nuovo problema.
È crollata l’incidenza di imprese che ha svolto formazione ICT (pari al 15 per cento in Italia e al 20% nell’Ue), con un forte calo rispetto all’anno precedente dove la quota aveva superato i 18 punti percentuali raggiungendo i massimi dall’inizio delle rilevazioni di questo parametro. Le conseguenze potrebbero essere piuttosto significative per un Paese come l’Italia, Che non solo si trova in una posizione di svantaggio, ma in cui il lavoro qualificato ICT non primeggia rispetto alle altre tipologie.
Diffusione delle tecnologie
Analizzando la diffusione delle tecnologie, i dati seppur disomogenei tra loro, migliorano il posizionamento italiano.
C’è anche qualche notizia positiva per quanto riguarda alcuni singole applicazioni digitali. Ad esempio il cloud, indispensabile durante il lockdown e la conseguente riorganizzazione dello smartworking, è stato utilizzato da circa il 60% delle aziende nell’anno 2020, registrando una crescita del 36% rispetto al 2018.
Allo stesso modo, si è verificata una crescita significativa nell’installazione di robot e nell’uso dell’intelligenza artificiale rispetto alle principali economie manifatturiere dell’Unione Europea.
Ad essere meno utilizzati invece, i Big Data, i software di gestione aziendale e il commercio elettronico.
Spunti di riflessione per le politiche pubbliche di domani
Tuttavia, l’istituto non si limita a fornire dati statistici del livello di digitalizzazione delle imprese. La revisione eseguita è forse l’elemento più importante per capire perché una maggiore adozione della tecnologia è essenziale per aumentare la produttività e costruire un’ economia resiliente agli shock. I dati mostrano, infatti, che le aziende con maggiori capacità tecnologiche, nonostante le prospettive ancora incerte della crisi, stanno pianificando un incremento dei processi di digitalizzazione. Inoltre, sono orientati all’attuazione di modelli organizzativi 4.0 e alla costituzione di partnership in questo campo con soggetti esterni.
Il rapporto annuale 2021 dell’Istat è un ottimo spunto di riflessione per le politiche pubbliche del futuro prossimo. Innanzitutto, conferma che i vari piani per per l’Industria 4.0, oggi Transizione 4.0, hanno avuto effetti positivi per quanto riguarda l’implementazione di nuove soluzioni tecnologie e l’installazione di nuovi macchinari. Tuttavia, hanno avuto un impatto limitato sulle compentenze digitali all’interno delle aziende. Ciò è dovuto anche al sottodimensionamento delle aziende italiane, nonchè alla minore propensione ad investire nella formazione del personale. Questo comporta una doppia dinamica: limitazione nel pieno utilizzo delle tecnologie a disposizione e ricorso a forme esterne di consulenza o impiego.
Il digitale per costruire un’economia solida
Correggere questo aspetto negativo è possibile e richiede, in questa fase storica, di rendere complementari le azioni politiche. Da un lato, il Piano Transizione 4.0 tenta di agire attraverso un credito d’imposta ad hoc. Il PNRR d’altro canto prevede invece investimenti in tale direzione per un totale di 1,6 miliardi, di cui 1,1 dedicati alle materie STEM. Tutto fa brodo ovviamente. La sensazione è che il cambiamento vada fatto in modo strutturale e debba coinvogere non solo le aziende, ma anche tutto il sistema educativo nonché le connessioni tra privato e il pubblico affinché il trasferimento di competenze sia diretto e continuo.
Un’altra riflessione, da questo quadro finale stilato dalle indagini Istat per l’anno 2020. Il divario tra imprese non è più solamente settoriale o geografico. Per comprendere le criticità e anticipare possibili situazioni come quella attualmente in corso, è più che necessario intervenire sui piani di innovazione tecnologici e digitali. Non si tratta solo di migliorare i parametri economici e mantenere un sviluppo progressivo, ma di costruire un tessuto capace di resistere meglio alle fluttuazioni periodiche. Un tessuto inoltre, in grado di garantire livelli essenziali di produzione senza perturbare strutture organizzative di base.
Produttività, ricerca e investimenti sono le chiavi della ripresa
Il percorso indicato dal Rapporto va in quella direzione. Designa il PNRR come un pachetto di politiche su cui costruire un percorso fatto di produttività, ricerca e di investimenti. Proprio a causa della mancanza di questi tre fattori che sono apparse tutte le debolezze del sistema italiano. L’impegno per garantire un rilancio incentrato sul digitale per costruire un’economia solida, dovrà venire non solo dagli investimenti pubblici, che sono fondamentali, ma anche dal settore privato e dalla sua capacità di integrazione e fruizione di stimoli che – si spera – provengano da fondi europei.
Per approfondire sulle tematiche sopra discusse, leggi anche il nostro articolo “Credito di imposta ricerca-sviluppo-innovazione-e design”
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